Vi sono essenzialmente due modi di ignorare.
Per lo più "ignorare" assume il significato di "non conoscere", di "non essere al corrente",
di "essere all’oscuro" e/o di "non rendersi conto".
Eppure, c'è una seconda maniera di definire il verbo "ignorare", forse non così generale
ma pienamente presente nel linguaggio comune.
In questa evenutalità "ignorare" assume il significato di "fingere di non sapere", "fingere di
non vedere", "non prendere in considerazione", "trascurare" e/o "tralasciare".
Appare evidente che il termine "ignorare" si usa tanto col significato di "non sapere",
ma senza volontà razionale nella "non conoscenza", quanto a quello di "tralasciare di proposito", per deliberata scelta
(e persino in assenza di un successivo sviluppo interamente determinabile).
Il significato profondo è dunque opposto nei due casi e l'utilizzo della stessa parola di
fronte a una differenza così potente crea una confusione concettuale evidente: forse sarebbe persino opportuno coniare
termini diversi per questi che sembrano percorsi della volontà, mentre solo uno lo è.
L'ignorante del secondo tipo ignora dunque per scelta volontaria e questa
"opzione calibrata" può assumere un'importanza cruciale in quando esemplifica il primato della volontà sulla ragione e,
tra l'altro, favorisce il principio di non belligeranza.
Questa ignoranza può alimentare la "passività comportamentale" e in particolare la
capacità di "astenersi dal reagire", ignorando ciò che va ignorato, anche quando consiste in un disturbo sistematico.
Naturalmente, evidenzia anche la scelta di non intervenire, quando potrebbe invece
essere più corretto incidere con un comportamento attivo.
Rimane il fatto che è una libera opzione della volontà e non un comportamento
casuale della "non conoscenza" e ciò, per gli esseri razionali, va considerato un fattore positivo.